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  • Paola MDM

Era una notte buia e tempestosa

Charlie nelle notti buie e tempestose aveva sempre paura. Quella sera la furia della tempesta si era abbattuta improvvisa sul piccolo paesino come improvviso fu il buoi che avvolse la casa di Charlie. Il panico s’impadronì di lui. Si accovacciò seduto a terra accanto alla libreria nel corridoio. Paralizzato non riusciva a muoversi, non riusciva a raggiungere il salone dove avrebbe trovato delle candele. Un lampo squarciò il cielo e si proiettò nello specchio. Charlie sobbalzò mentre il rumore assordate gli riempiva le orecchie. Per un istante ebbe l’impressione di scorgere qualcosa riflesso nello specchio, una piccola sagoma scura dalla quale spiccavano degli occhi lucenti. Nello stesso istante sentì una vocina “Charlie, Charlie, perché hai paura?” – “Chi sei?” disse Charlie con un nodo in gola.”Sono Tibboh” rispose la vocina. “Dove sei? Non ti vedo” disse Charlie scrutando nel buio per cercare di dare un volto a quella voce. “Sono qui, puoi vedermi riflesso nello specchio”. Charlie pur sgranando gli occhi non riusciva a distinguerlo, si poteva solo immaginare vagamente la forma di un piccolo corpo. “Chi sei, perché sei qui?” chiese Charlie. “Sono qui perché tu mi hai chiamato, sono qui per farti compagnia. Non ne avevi forse bisogno?” In effetti la paura del buio provocava in Charlie sempre strani effetti e non aveva voglia di stare solo in quel buio ma quella presenza non riusciva a tranquillizzarlo. “Perchè non cerchi di calmarti?Il buio non è poi così spaventoso. Basta chiudere gli occhi per capire che questo buio non è poi così diverso da quello provocato dal sonno. Se guardi bene vedrai che le cose a te familiari sono al loro posto, sono solamente celate dal buio”. In quel momento un altro fulmine illuminò per pochi secondi la stanza- Charlie guardando verso lo specchio vide un volto, non quello di Tibboh, questo aveva un non so che di familiare. “Charlie, che fai seduto lì nel buio? Sono passati tanti anni, sei diventato un uomo ed hai ancora paura del buio”. A Charlie mancò il respiro, un ronzio pervase le sue orecchie, ebbe l’impressione di essere in preda ad una vertigine. Ma come poteva essere lui? “Papà, sei tu?” chiese debolmente Charlie. “Si, non mi riconosci più?”. In quell’istante Charlie rivisse la sua gioventù, la perdita del padre e i 10 anni successivi.

Tante volte aveva sperato, immaginato di poter rivedere il padre, di poter parlare con lui. Avere la possibilità di dire tutto quello che era rimasto sospeso, tutto quello che il destino gli aveva negato portandoselo via. Avrebbe voluto dirgli tante cose ed invece se ne stava lì imbambolato a guardare nello specchio. “Non sei contento di vedermi?” gli chiese il padre. Il suono dolce di quella voce fece dimenticare a Charlie la paura del buio, la tempeste rimase chiusa fuori dalla finestra. Iniziò a parlare, a raccontare, e spiegare. Le parole trattenute, immagazzinate in dieci anni uscirono fuori come un fiume prorompente.

Non si rese conto del passare del tempo, dell’affievolirsi del temporale. Fu solo quando tornò improvvisamente la luce che potè vedere meglio quel riflesso nello specchio. Era sparito Tibboh, non c’era più il volto del padre. Solo la piccola sagoma del suo gatto Hobbit.



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